Nomadismo digitale: opportunità, vincoli, criticità e proposte di una tendenza

L’obiettivo del Rapporto Annuale sul Nomadismo Digitale in Italia nel 2023 è accrescere la consapevolezza e la conoscenza del fenomeno “nomadi digitali” nel nostro Paese, e comprendere in che modo lavoratori da remoto e nomadi digitali possano contribuire a sostenere un reale processo di rilancio e di sviluppo per l’Italia.

Il Rapporto si focalizza sulle opportunità e sugli impatti economici, sociali e ambientali derivanti dal lavoro remoto e dal nomadismo digitale sulle comunità locali, ed è realizzato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali ETS con patrocinio dell’Assessorato al Turismo, Sviluppo e Impresa Turistica della Regione Puglia, il supporto economico di Wind Tre e il contributo di Tribyou, Borgo Novus e Vivere di Turismo Business School.

“Il lavoro da remoto sta generando la più grande rivoluzione della stanzialità”

“Chi oggi pensa che il lavoro da remoto sia solo un modo diverso di lavorare si sbaglia profondamente – commenta Alberto Mattei, Presidente dell’Associazione Italiana Nomadi Digitali -. Il lavoro da remoto sta generando la più grande rivoluzione della stanzialità umana. Ci troviamo di fronte a una straordinaria opportunità, quella di attrarre lavoratori da remoto, professionisti e talenti nei piccoli centri e nelle aree interne del nostro Paese. Un processo che se gestito correttamente può generare un impatto positivo nelle comunità locali, contribuendo attivamente a ridurre il divario economico, sociale e territoriale in Italia”.

Cooperazione: l’elemento chiave per sviluppare progetti efficaci

Come valorizzare, quindi, i nostri territori attraverso l’attrazione di lavoratori da remoto, professionisti, e più in generale talenti, nei piccoli centri e nelle aree interne del nostro Paese?

Il report suggerisce la collaborazione tra istituzioni, enti di ricerca e soggetti pubblici e privati. La cooperazione è vista come l’elemento chiave per sviluppare progetti efficaci che rispondano ai bisogni dei nomadi digitali e alle esigenze delle comunità locali.

Due sinergie per il rilancio dei piccoli borghi

Wind Tre nel 2021 ha lanciato il progetto Borghi Connessi, con l’obiettivo di accompagnare la crescita dei piccoli Comuni italiani grazie a connettività e tecnologie smart. Secondo Alberto Pietromarchi, Wholesale Director e Sustainability Ambassador della società, “Il fenomeno dei nomadi digitali può riportare i piccoli borghi italiani in una posizione più centrale rispetto alla società italiana e stimolare la loro crescita economica e sostenibile“.
Gianfranco Lopane, assessore Turismo, Sviluppo e Impresa turistica Regione Puglia, aggiunge: “Le nostre comunità, fulcro di un percorso regionale di innovazione sociale e digitale, sono sempre più pronte ad accogliere chi da ‘turista’ diventa concittadino temporaneo e sceglie la Puglia come meta di viaggio, lavoro o anche di vita”.

Fake news: approfondire sul web non aiuta a trovare la verità

Valutare notizie false attraverso gli strumenti online potrebbe farci credere ancor più a informazioni errate.
Lo ha dimostrato una ricerca condotta negli Stati Uniti da Kevin Aslett e dal suo team presso l’Università della Florida Centrale.
Chi cerca di sfatare le fake news e approfondire un argomento cerca prima di tutto su internet, e nel 19% dei casi queste persone tendono a considerare queste notizie come vere rispetto a chi non compie ricerche online. Questo risultato è stato confermato attraverso quattro esperimenti separati condotti da Kevin Aslett e pubblicati su Nature.

Lo studio ha coinvolto più di 3.000 partecipanti e ha svelato il rischio insidioso nell’uso dei motori di ricerca online.
In pratica, tentare di approfondire un argomento o una notizia sul web spesso non aiuta a sfatare le notizie false e costruite ad arte.

Un allarme sulla fiducia riposta nelle ricerche online

I partecipanti allo studio sono stati chiamati a valutare l’accuratezza di notizie recentemente pubblicate, e i risultati hanno rivelato un dato sorprendente. Coloro che sono stati incoraggiati a cercare online per valutare la veridicità delle notizie false erano il 19% più propensi a considerare affermazioni false come vere rispetto a coloro che non sono stati spinti a fare ricerche online.
Questo esperimento è stato ripetuto quattro volte, ottenendo risultati consistenti.

Si tratta di una scoperta che solleva l’allarme sulla fiducia che viene riposta da noi tutti nelle ricerche online, e al contempo, sottolinea l’importanza di essere più critici nella valutazione delle informazioni trovate su Internet.
I ricercatori indicano però che questo fenomeno potrebbe essere causato dalla scarsa qualità delle informazioni ottenute tramite le ricerche effettuate online.

Occorre una valutazione più critica delle informazioni

In altre parole, le persone potrebbero finire per credere a notizie false semplicemente perché i motori di ricerca forniscono dati di bassa qualità.
In conclusione, lo studio americano sottolinea l’urgente necessità di sviluppare programmi di alfabetizzazione digitale che mettano in guardia sulle trappole delle ricerche online, e promuovano una valutazione più critica delle informazioni.

La fiducia nei motori di ricerca va accompagnata quindi a una consapevolezza della qualità delle informazioni che questi ci offrono, riferisce Agi.

ChatGpt crede alle teorie del complotto

Ma alla trappola non sfugge neanche l’Intelligenza artificiale di ChatGpt, che secondo un altro studio presentato da ricercatori dell’Università di Waterloo in Canada al Workshop Trustworthy Natural Language Processing di Toronto tende a credere alle teorie del complotto.

In ogni caso, è tendenza comune ritenere che a veicolare la disinformazione, in particolare notizie false e teorie del complotto, siano i social network e che l’antidoto contro le false notizie sia quello di fare ricerche online per approfondire e fare poi valutazioni indipendenti, riporta l’Eco di Bergamo.

GenAI in azienda, se la conosci non fa paura

Serpeggia un crescente senso di preoccupazione tra i dirigenti di alto livello in Italia riguardo alla diffusione sempre più ampia dell’intelligenza artificiale generativa (GenAI) all’interno delle aziende. Lo ha rivelato una recente indagine condotta da Kaspersky. Più nel dettaglio, il report evidenzia che il 97% dei dirigenti senior intervistati ha riferito che la GenAI è regolarmente utilizzata dai dipendenti, e il 57% ha dichiarato che viene impiegata per supportare specifiche attività.

Una risorsa aziendale fondamentale

Ciò che un tempo era considerato un nuovo sviluppo tecnologico, la GenAI è ora diventata una risorsa aziendale fondamentale capace di automatizzare una vasta gamma di compiti. Nonostante la maggior parte dei dirigenti italiani abbia discusso della GenAI durante i consigli di amministrazione (94%) e abbia riconosciuto la necessità di comprendere meglio come i dati vengano utilizzati dai dipendenti (87%), i risultati suggeriscono che i dirigenti di livello C abbiano perso il controllo sulla diffusione e l’utilizzo della GenAI nelle aziende.
Solo il 31% ha approfondito le questioni legate alle funzionalità e alle conseguenze della GenAI, mentre solo il 28% ha discusso l’implementazione di norme e regolamenti per monitorarne l’uso.

Occorre conoscere vantaggi (e rischi) della GenAI 

Cesare D’Angelo, General Manager Italy & Mediterranean di Kaspersky, ha sottolineato che, simile al fenomeno BYOD (Bring Your Own Device), la GenAI offre notevoli vantaggi in termini di produttività, ma la sua diffusione senza adeguato controllo potrebbe comportare rischi significativi per la sicurezza aziendale. La GenAI si basa sull’apprendimento continuo attraverso l’inserimento di dati, ma la preoccupazione principale riguarda la potenziale perdita di dati sensibili.
Oltre la metà dei dirigenti è allarmata dalla possibilità che i dipendenti possano involontariamente rivelare informazioni sensibili dell’azienda (53%) e dei clienti (52%) tramite l’uso delle piattaforme GenAI.

Perfetta per automatizzare processi ripetitivi 

Nonostante le preoccupazioni, quasi la metà dei dirigenti prevede di utilizzare la GenAI per automatizzare attività ripetitive (48%) anziché sostituire il personale (16%). Inoltre, il 47% dei dirigenti C-Suite vede la GenAI come un’opportunità per colmare il gap di competenze in futuro.

Tuttavia, nonostante i rischi di sicurezza, il 29% dei dirigenti è favorevole all’automatizzazione dei dipartimenti IT e di sicurezza informatica utilizzando la GenAI. Cesare D’Angelo ha concluso sottolineando l’importanza di comprendere a fondo la gestione dei dati e l’implementazione di solide politiche prima di ulteriori integrazioni della GenAI nell’ambiente aziendale.

Startup italiane: nel 2023 finanziamenti per oltre 1,1 miliardi

Ammontano a ‘solo’ 1,13 miliardi di euro gli investimenti totali in Equity di startup hi-tech in Italia nel 2023, in contrazione del -39% rispetto ai 1,86 miliardi dell’anno passato, e leggermente inferiori anche al 2021 (1,39 miliardi).

Secondo le evidenze emerse dall’Osservatorio Startup Hi-tech, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con InnovUp – Italian Innovation & Startup Ecosystem, il dato evidenzia l’assenza dei grandi round di finanziamento sopra i 100 milioni, che avevano caratterizzato lo scorso biennio.
Ma, alla luce del calo generalizzato degli investimenti a livello globale, i dati confermano la solidità dell’ecosistema italiano.

La decrescita va inquadrata nello scenario macroeconomico internazionale

“È necessario – commenta Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Hi-Tech – inquadrare la significativa decrescita registrata nel 2023 nello scenario macroeconomico nazionale e internazionale in cui si collocano”. Il dato italiano è infatti in linea con quello internazionale, che ad esempio, vede il valore del mercato del Venture Capital Europeo diminuire del -49% nei primi 9 mesi dell’anno.

In ogni caso, gli investimenti da parte di attori formali (fondi Venture Capital indipendenti, Corporate Venture Capital aziendali e governativi) confermano il tradizionale ruolo guida per l’intero ecosistema, limitando la decrescita a -14%. Un dato che conferma il ruolo infrastrutturale assunto dal comparto formale, che nel 2023 vede anche la nascita di nuovi attori.
Continuano invece a giocare un ruolo marginale gli investimenti Corporate, strutturati o meno, nonostante la crescente attenzione degli esperti di settore.

Investitori informali più riluttanti, troppe incertezze

I finanziamenti da attori informali (Venture Incubator, Family Office, Club Deal, Angel Network, Independent Business Angel, piattaforme di Equity Crowdfunding, aziende non dotate di fondo strutturato di Corporate Venture Capital, e nuove forme di venturing quali Startup Studio e Venture Builder) registrano una contrazione del -43% circa.

Tale decremento è specchio della situazione contestuale, dove l’incertezza economica e l’aumento dei tassi d’interesse rendono gli investitori informali più riluttanti a investire a causa dell’alto rischio e dell’incertezza associati a tali investimenti, soprattutto se paragonati ad altre asset class più sicure.
Non sorprende, quindi, che anche il segmento Equity Crowdfunding registri una significativa contrazione.

Crollano i finanziamenti internazionali: -55%

Con un calo del -55% è la componente dei finanziamenti internazionali a determinare in maniera significativa il decremento rispetto al 2022. Un risultato che riflette soprattutto l’assenza dei grandi mega round, tradizionalmente alimentati da grandi player internazionali.
Peraltro, il calo ricalca una situazione comune a livello europeo, segnata da un costante declino dei finanziamenti late-stage e l’ormai cronica scarsità di exit, in particolare in termini di IPO.

Rispetto al benchmark internazionale, che compara gli investimenti da parte di attori formali in Italia con quelli dii altri ecosistemi europei più maturi ed economie comparabili, si mantiene il gap consolidato negli anni precedenti, con una dimensione relativa dell’ecosistema italiano pari a circa 1/6 rispetto a quello francese, 1/4 rispetto a quello tedesco, e comparabile rispetto a quello spagnolo.

Spesa sanitaria: verso il 9% del Pil nel 2050

La contrazione del tasso di fertilità e il progressivo aumento dell’età media sono alla base della nuova struttura demografica dell’Italia. Nel 2050, quando ci saranno 58,5 milioni di italiani, 2,4 milioni in meno rispetto a quelli attuali, un cittadino su tre sarà over-65. E su questa fascia di popolazione si concentrerà oltre il 70% della spesa sanitaria pubblica rispetto al 60% attuale.

Il nostro Sistema Sanitario Nazionale si trova quindi a rincorrere affannosamente l’aumento dei bisogni di salute e assistenza in un quadro di riduzione dei cittadini in età attiva, principali contribuenti della spesa sanitaria pubblica.
In pratica, dagli attuali 5.886 euro a carico di ciascun lavoratore la spesa sanitaria passerebbe a 11.151 euro nel 2050. Emerge dal 18° rapporto “Meridiano Sanità”, di The European House – Ambrosetti. 

“Una visione unitaria di demografia, economia e salute”

Per soddisfare i crescenti bisogni di salute e assistenza, la spesa sanitaria pubblica nel 2050 dovrebbe raggiungere 211,3 miliardi di euro, a prezzi correnti, rispetto agli attuali 134,7 (+56,9%).

Ma senza politiche attive per il mercato del lavoro il numero di occupati diminuirà del 17,2%, a 19 milioni.
“Per garantire la tenuta del sistema sanitario e, più in generale di welfare, servono una strategia e una visione unitaria di demografia, economia e salute”, commenta Valerio De Molli, Managing Partner e ceo The European House.
È perciò necessario avviare un dibattito sul finanziamento della sanità, che dovrebbe basarsi su una concreta integrazione tra pubblico e privato.

Emergenza personale medico e infermieristico

Per rispondere all’aumento della domanda di salute, e salvaguardare il SSN, seconda ‘impresa’ dopo la scuola per numero di addetti, si devono risolvere al più presto alcune questioni aperte, a partire dall’emergenza del personale sanitario.

Le carenze più significative riguardano ii Medici di Medicina Generale, nei quali il ricambio generazionale è in ritardo, e dagli infermieri, che hanno un limitato riconoscimento economico e professionale rispetto ai colleghi europei. Con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti l’Italia ha la metà degli infermieri della Germania rispetto alla popolazione (12 per 1.000 abitanti), Paese in cui le retribuzioni sono superiori al 30% rispetto al nostro Paese.

PNRR e riforma dell’assistenza territoriale

Emerge poi la necessità di accelerare la Riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Missione 6 ‘Salute’).
Grazie anche al rafforzamento di sistemi informativi, telemedicina e dati, a cui il PNRR destina oltre 4 miliardi di euro, la collaborazione tra MMG, farmacisti e altri professionisti delle cure primarie, rappresenta la via maestra per offrire ai pazienti un’assistenza continuativa e di prossimità.
La rete dell’assistenza rappresenta solo una componente dell’ecosistema della salute, sistema che unisce e mette in comunicazione la componente industriale privata con quella prevalentemente pubblica della rete di assistenza e ricerca. Un ecosistema e un asset strategico su cui investire, anche per aumentare la competitività del Paese e rilanciarne la crescita.

Quanto si risparmia con un depuratore d’acqua?

L’acqua è un bene prezioso e fondamentale per la vita, oltre che un piacere sorso dopo sorso per tutti noi. In Italia, l’acqua del rubinetto è controllata dagli enti competenti e risulta generalmente sicura da bere, ma non sempre è così.

Ci sono infatti zone in cui l’acqua che arriva in casa non è perfettamente salubre e sicura, spesso anche a causa di tubazioni vetuste, e a risentirne sono in primo luogo la salute ma anche il sapore stesso dell’acqua.

Per questo motivo, alcune persone preferiscono installare un depuratore d’acqua per migliorare la qualità di quella che arriva in casa o direttamente per ridurre il consumo di bottiglie di plastica.

Quanto costa un depuratore d’acqua?

Il costo di un depuratore d’acqua dipende da diversi fattori, tra questi il tipo di depuratore, le dimensioni e la marca. In generale, i depuratori a microfiltrazione sono i più economici, mentre i depuratori ad osmosi inversa hanno un prezzo leggermente più alto.

I costi di installazione di un depuratore d’acqua sono generalmente compresi nel prezzo di acquisto o noleggio, e quando non è così oscillano tra le 100 e le 300 euro. I costi di manutenzione sono invece relativamente bassi e si limitano alla sostituzione dei filtri, che deve essere effettuata periodicamente a seconda del tipo di depuratore.

Quanto si risparmia con un depuratore d’acqua?

Il risparmio economico derivante dall’installazione di un depuratore d’acqua dipende dal consumo di acqua potabile. In media, una famiglia composta da 4 persone consuma circa 4000 litri di acqua potabile (dunque da bere o comunque destinata al consumo alimentare) ogni anno.

Il costo dell’acqua in bottiglia varia a seconda della marca e della dimensione della bottiglia. In media, una bottiglia da 2 litri di acqua minerale costa circa 0,30 euro.

In base a questi dati, una famiglia composta da 4 persone che consuma 4000 litri di acqua potabile al giorno può risparmiare circa 1200 euro all’anno, anziché acquistare acqua in bottiglia. Questo è soltanto un rapido paragone che può aiutarti a capire quanto può risparmiare per l’acqua da bere in un anno una famiglia composta da 4 persone.

Considera tra l’altro che il costo dell’acqua minerale in bottiglia è in continua ascesa. A parte questo, c’è sempre il fattore praticità da ricordare: non dover più trasportare le pesanti bottiglie dal supermercato fino a casa è veramente una migliorìa notevole.

I vantaggi di un depuratore d’acqua

Oltre al risparmio economico dunque, l’installazione di un depuratore d’acqua presenta anche altri vantaggi, tra cui:

  • Miglioramento della qualità dell’acqua: i depuratori d’acqua possono eliminare dall’acqua le sostanze inquinanti, come metalli pesanti, cloro, pesticidi e tracce di farmaci.
  • Riduzione del consumo di bottiglie di plastica: i depuratori d’acqua consentono di avere acqua potabile direttamente dal rubinetto, eliminando la necessità di acquistare bottiglie d’acqua in plastica.
  • Contributo alla sostenibilità ambientale: le bottiglie di plastica impiegano centinaia di anni per decomporsi. Installando un depuratore d’acqua, si contribuisce a ridurre l’inquinamento ambientale.
  • Miglioramento del sapore dell’acqua: i depuratori d’acqua possono eliminare dall’acqua le sostanze che possono alterarne il sapore, come il cloro e i metalli pesanti.
  • Non dover più trasportare le pesanti bottiglie d’acqua fino a casa: i depuratori d’acqua consentono di avere acqua potabile sempre a disposizione, senza dover uscire di casa per fare rifornimento e dover trasportare le casse d’acqua fino a casa.

Conclusione

Far installare un depuratore d’acqua può essere un’ottima soluzione per risparmiare denaro e migliorare la qualità dell’acqua del rubinetto di casa.

È importante valutare attentamente i propri bisogni e le caratteristiche dell’acqua cui si ha accesso prima di prendere una decisione: se si hanno dubbi, meglio consultare una azienda che commercializza purificatori acqua per avere una risposta a tutte le domande.

A Natale cercasi oltre 4.000 profili lavorativi

Il Black Friday e le festività natalizie fanno registrare un forte incremento della domanda di personale in tanti settori diversi.
“Questa tendenza, sommata al quadro di elevato candidate shortage e quindi alla difficoltà di reperimento che le imprese stanno affrontando, crea significative opportunità di lavoro, con posizioni aperte a figure con e senza esperienza”, spiega Giada Donati, central delivery senior manager di Gi Group, l’agenzia italiana per il lavoro.
Sono infatti oltre 4.000 i profili ricercati da Gi Group, e si rivolgono a un ventaglio molto ampio di candidati e candidate, dai giovani che stanno muovendo i primi passi nel mondo del lavoro agli universitari che vogliono sfruttare il periodo di pausa dalle lezioni per fare esperienza, ai lavoratori con esperienza alla ricerca di nuove opportunità.

I settori: dalla logistica al customer care

Le opportunità riguardano i settori della logistica, la Grande Distribuzione Organizzata, retail, horeca e fast moving consumer goods, oltre all’ambito del customer care.
Per la logistica, ad esempio, sono 2.300 gli inserimenti previsti per i ruoli di magazziniere, carrellista, pickerista, autista, preparatore merce e impiegato di magazzino. Le proposte si rivolgono sia a profili senza esperienza pregressa sia a figure esperte. Si richiede disponibilità part-time, full-time e nei weekend.
Per la GDO sono invece più di 600 le posizioni aperte, come scaffalista, addetto/a ai banchi specializzati (gastronomia, macelleria, pescheria e forno) e cassiere/i.
Ci si rivolge sia a coloro che non hanno esperienza o a chi ha un percorso professionale già avviato. È richiesta disponibilità part-time, full-time e nei weekend.

Anche retail, horeca, fast moving consumer goods

Ulteriori opportunità arrivano anche dal settore retail, per il quale Gi Group sta cercando 600 profili come addetto vendita e allestimento, e dal settore horeca con 350 profili da inserire come addetto alla ristorazione, cameriere, barista, cuoco, commis di cucina e pizzaiolo.
Per gli inserimenti in ambito horeca è gradita l’esperienza nel settore e la disponibilità a lavorare anche nei giorni festivi e nel fine settimana.
Per il mondo fast moving consumer goods sono invece 200 le posizioni aperte come operaio alimentare, tutte rivolte a profili con esperienza pregressa in contesti produttivi o di magazzino, e si richiede disponibilità a lavorare su turni anche notturni.

Tante offerte in diverse regioni italiane

Si registra poi un elevato livello di richieste per il settore customer care, con 400 figure richieste da inserire come addetto customer service inbound e outbound.
Le posizioni disponibili sono rivolte a candidati con esperienza pregressa, persone in cerca di nuove opportunità così che intendono entrare per la prima volta nel mondo del lavoro. Si richiede l’utilizzo di sistemi informatici e la disponibilità part-time e su turni.
Le offerte interessano tutto il territorio nazionale. Per il settore Logistica, in particolare, Lombardia, Piemonte, provincia di Piacenza e di Chieti.
Per il settore Fmcg la ricerca si svolge principalmente in Veneto e Piemonte, mentre il customer care concentra la domanda in Lombardia, Piemonte, Campania, Lazio, Puglia, Calabria, Sardegna, Liguria ed Emilia-Romagna.

Google: una nuova funzione trova i dati personali e li nasconde

Che Internet sia una fonte di informazioni inesauribile e in continuo aggiornamento di cui non possiamo più fare a meno, è ovvio. E che nonostante i numerosi vantaggi esistano anche rischi legati alla privacy dei propri dati personali è altrettanto scontato.
Il panorama digitale è vasto e in costante evoluzione. Ma chi non ha mai provato a cercare il proprio nome, indirizzo o numero di telefono su Google? Chi lo ha fatto sa bene quante informazioni personali possono emergere dai risultati di ricerca. Informazioni che magari non si vogliono rendere pubbliche.
Google, che detiene circa l’83% del mercato delle ricerche, ha però sviluppato una funzione per aiutare gli utenti a proteggere le proprie informazioni private. Di cosa si tratta?

Gestire e controllare la visibilità delle proprie informazioni

La funzione di Google offre uno strumento per gestire e controllare la visibilità delle proprie informazioni. In sostanza, si tratta di un nuovo strumento per la privacy che scansiona la presenza dei nostri dati sensibili pubblicati sul web.
Questa funzione ricerca attivamente dettagli specifici dell’utente, come numeri di telefono, indirizzi e-mail e indirizzi di casa.
Quando tali dati vengono identificati, Google avvisa l’utente permettendogli di prendere le misure necessarie per proteggere tali informazioni dalla visibilità pubblica.
Tutto questo rappresenta un passo nella direzione giusta, ovvero quella di proteggere la privacy degli utenti e combattere il cosiddetto doxxing, la pratica di cercare e diffondere online informazioni private.

I dati restano online, ma visibilità e accessibilità sono fortemente ridotte

Sfruttando questa funzione gli utenti possono quindi godere dei vantaggi dell’era digitale, mantenendo al contempo un certo grado di privacy e sicurezza.
È fondamentale sottolineare che questa funzione di Google non elimina i dati personali dal web. Ciò che fa è impedire che queste informazioni appaiano nei risultati di ricerca di Google, rendendo notevolmente più difficile per chiunque trovarli.
La distinzione è cruciale: i dati restano online, ma la loro visibilità e accessibilità sono fortemente ridotte.

Google ti avvisa quando trova “risultati su di te”

Tramite una semplice opzione sulla pagina del proprio account Google, dove si possono controllare tutte le volte in cui un’informazione personale compare fra i risultati di ricerca, il motore di ricerca avvisa se le proprie informazioni personali sono state trovate, oppure invia una notifica da un alert quando compare un nuovo risultato. La scelta di rimuoverle o meno resta appannaggio dell’utente.
Se si desidera apportare modifiche in futuro è sempre possibile tornare alla pagina ‘Risultati su di te’ (Results about you) e fare le modifiche necessarie. Come riporta Adnkronos, attualmente la funzione è disponibile solo negli USA, ma dovrebbe arrivare presto anche in Italia.

Dove posizionare un impianto fotovoltaico?

L’installazione di un impianto fotovoltaico è un investimento importante che può concretamente aiutare ogni famiglia a risparmiare sui costi dell’energia elettrica e a ridurre l’impatto ambientale.

A  tal proposito, quel che tanti si chiedono nel momento in cui cominciano a valutare l’idea di adottare questa soluzione è il dove posizionare l’impianto fotovoltaico.

In effetti, è importante scegliere la posizione giusta per massimizzarne l’efficienza e il rendimento dell’impianto, e di seguito risponderemo proprio a questa domanda.

Orientamento dell’impianto

L’orientamento è il fattore più importante da considerare quando si valuta la posizione di un impianto fotovoltaico. I pannelli devono essere orientati verso Sud per catturare la maggior quantità possibile di luce solare.

In Italia, l’orientamento a Sud è ottimale per la maggior parte dell’anno. Bisogna poi considerare che, durante l’inverno, il sole è più basso sull’orizzonte, quindi è consigliabile orientare i pannelli con un angolo di di circa 20-30 gradi.

Inclinazione e superficie dei pannelli

L’inclinazione dei pannelli fotovoltaici è un altro fattore importante da tenere a mente, ed essa varia a seconda della latitudine alla quale ci si trova.

In Italia, l’inclinazione ideale è di circa 30 gradi, ma è sempre possibile adattare l’inclinazione dei pannelli in base alle tue esigenze specifiche ed alla zona esatta in cui si vive.

Se vivi in Piemonte fai bene a contattare una azienda che si occupa della installazione impianti fotovoltaici Torino, così come se vivi in Sicilia fai bene a contattare una azienda locale per avere un parere affidabile sull’orientamento in relazione alla zona esatta in cui risiedi.

La superficie necessaria per l’installazione di un impianto fotovoltaico dipende invece dalla potenza dell’impianto.

In generale, un impianto fotovoltaico da 3 kWp richiede una superficie di circa 30 m², ma è possibile ridurre la superficie necessaria installando pannelli fotovoltaici più efficienti.

Effetto ombreggiamento

È importante evitare di installare un impianto fotovoltaico in zone particolarmente ombreggiate.

Anche un piccolo ostacolo tra il sole ed i pannelli, come un albero o un edificio, può ridurre significativamente l’efficienza dell’impianto.

Se la tua casa o il tuo capannone è in una zona ombreggiata, è possibile installare dei pannelli fotovoltaici con tecnologia bifacciale. Questi pannelli sono in grado di catturare la luce solare anche da dietro, riducendo così l’impatto dell’ombreggiamento.

Accessibilità

L’impianto fotovoltaico deve essere facilmente accessibile per consentire le periodiche operazioni di manutenzione e pulizia.

È consigliabile per questo far installare l’impianto in un luogo in cui è possibile accedere ai pannelli senza dover utilizzare scale o altri mezzi di sollevamento per poterli raggiungere.

Normative nazionale e regolamento condominiale

Prima di installare un impianto fotovoltaico, è importante verificare le normative locali e quelle dell’eventuale condiminio in cui si risiede.

In Italia, l’installazione di un impianto fotovoltaico è soggetta infatti ad una serie di norme e regolamenti che disciplinano ogni aspetto, inclusi quelli estetici.

È consigliabile rivolgersi a un installatore qualificato per verificare la conformità dell’impianto alle normative vigenti.

Consigli per l’installazione sul tetto del condominio

Se stai pensando di far installare l’impianto fotovoltaico sul tetto del tuo condominio, procedi innanzitutto con la verifica della fattibilità tecnica. L’installazione di un impianto fotovoltaico sul tetto di un condominio deve infatti essere approvata anche dall’assemblea condominiale.

Tra l’altro, è importante verificare che il tetto sia in buone condizioni e che sia in grado di sostenere il peso dell’impianto.

In particolare, se il tetto del tuo condominio è di grandi dimensioni, puoi anche valutare l’installazione di un impianto condiviso. In questo modo, puoi ridurre i costi di installazione e manutenzione.

C’è anche un fatto che spesso si sottovaluta quando si fa installare un impianto fotovoltaico in condominio: l’aumento del valore dell’immobile. Un impianto fotovoltaico può infatti aumentare il valore dell’immobile in cui è installato in quanto migliora le prestazioni energetiche della casa.

In breve

Se stai pensando di far installare un impianto fotovoltaico e cominciare a risparmiare sulla boletta energetica, è importante risucire a scegliere la posizione giusta per massimizzarne l’efficienza ed il rendimento dell’impianto.

Per far ciò è sufficiente considerare i fattori sopra elencati, grazie ai quali è possibile trovare la posizione ideale per installare un nuovo impianto e iniziare a risparmiare sui costi dell’energia elettrica.

Intelligenza artificiale e nuove tecnologie promosse dai colletti bianchi italiani

Dirigenti, quadri e impiegati di aziende con almeno 10 dipendenti in Italia oggi esprimono maggiore maturità nei confronti delle nuove tecnologie digitali. E se rispetto al passato diminuiscono la curiosità e il senso di sfida, aumenta la percezione di opportunità e l’abitudine.

Dal terzo rapporto a cura della Fondazione Aidp e Doxa sugli impatti dell’Intelligenza artificiale e della digitalizzazione sul lavoro emerge un approccio tipico di crescita dell’auto-consapevolezza rispetto alle novità digitali. Tanto che il sentiment generale dei colletti bianchi verso le nuove tecnologie è positivo per il 90%, e tra i dirigenti la percentuale è ancora più elevata (99%).

Cresce la fiducia, sentiment generale più positivo

Oggi è più diffusa la convinzione che le nuove tecnologie abbiano portato maggiore efficienza (35%), aumento della qualità (30%), accrescimento di competenze e professionalità (27%) e alleggerimento della fatica (25%).

Il 31% degli intervistati ritiene che la tecnologia avrà un impatto positivo sul proprio lavoro (23% nel 2018), e l’83% afferma che i nuovi strumenti tecnologici e digitali avranno un impatto positivo sul mercato del lavoro in generale.
Rispetto al miglioramento della conciliazione lavoro/vita privata, il 62% esprime parere positivo, in particolare, giovani-adulti e genitori con figli tra i 6-11 anni.

 Le competenze accrescono la diffusione in azienda

Se per il 42% del campione il livello di diffusione delle nuove tecnologie risulta molto ampio in tutte le aree aziendali (56% grandi aziende) il 23% circa (42% dirigenti) è convinto che l’utilizzo di strumenti e tecnologie digitali favorisca soprattutto l’ottimizzazione dei tempi e dell’organizzazione del lavoro, migliorando fluidità ed efficienza dei processi, oltre l’aspetto relazionale, in particolare, con i clienti.

Inoltre, se il 63% delle aziende organizza regolarmente corsi di formazione sulle nuove tecnologie per i dipendenti il 67% del campione considera le competenze digitali dei nuovi assunti maggiori rispetto a quelle dei dipendenti con maggiore anzianità.

Ma ancora rischio sicurezza, privacy, affidabilità

Il 58% dei colletti bianchi però evidenzia un rischio medio-alto in termini di sicurezza, privacy, affidabilità e tutela delle informazioni derivante dall’ampia diffusione delle tecnologie digitali.
Il 52%, inoltre, sottolinea lo scarso controllo sulla veridicità delle informazioni, e il 32% ritiene che le nuove tecnologie non potranno mai sostituire completamente il lavoro umano (44% nel 2018).

Quanto a ChatGPT, riporta Adnkronos, una delle applicazioni più innovative di AI nell’ambito del lavoro intellettuale, il 36% del campione ha dichiarato di conoscerla bene, ma non la utilizza, solo l’8% la utilizza in azienda (19% dirigenti).
Le percentuali più elevate si registrano nell’utilizzo per l’assistenza e l’interazione con i clienti e per supporto di attività di data connection (55%).