La Federal Trade Commission, l’Antitrust americana, sta indagando sulla privacy nelle app rivolte ai bambini e ha analizzato circa 400 tra quelle disponibili su Apple Store e Google Play arrivando a poco rassicuranti conclusioni. Sembra infatti che molto spesso le applicazioni per bambini raccolgono moltissimi dati personali, senza fornire ai diretti interessati e ai genitori informazioni adeguate su cosa venga raccolto, per quali fini e se sia ceduto a terzi.
Ormai gli smartphone e i tablet vengono usati sempre più frequentemente anche da giovanissimi utenti e secondo i dati Eurispes in Italia quasi la metà dei bambini tra i 7 e gli 11 anni usa il cellulare, il 50,9% di questi adora i giochi e le applicazioni, mentre il 34,8% usa l’iPad o un altro tablet.
Di conseguenza è cresciuta l’offerta delle applicazioni dedicate ai più piccoli; sono belle, affascinanti e istruttive, adatte ad imparare a leggere, scrivere, far di conto e moltissime altre cose educative.
E gli ignari genitori le comprano o le scaricano gratuitamente. Ma il 60% delle app prese in esame dalla Ftc dà il codice identificativo allo sviluppatore e accanto al codice, molto spesso, ci sono altre informazioni delicate, come la geolocalizzazione, il numero di telefono o la lista dei contatti dello smartphone.
Le applicazioni, infatti, hanno anche altre funzioni come la pubblicità all’interno del programma (58%), la connessione ai social network (22%), la vendita di servizi a pagamento (17%).
Negli Stati Uniti l’indagine della Ftc ha portato a un inasprimento delle norme che tutelano i più piccoli online. Anche in Europa il problema è sotto esame e a marzo sarà pubblicato un parere sulle «mobile app», che conterrà anche delle indicazioni sui minori: per rafforzare il ruolo del consenso dei genitori e per invitare gli sviluppatori ad astenersi dal fare i profili dei dati dei più piccoli.