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Contenuti digitali: quanto e come li vivono gli italiani?

Fa parte della nostra normale quotidianità: ogni giorno, ci troviamo immersi in un flusso continuo di intrattenimento e informazione attraverso gli infiniti device a nostra disposizione. Smartphone, computer portatili, smart TV, tablet e molti altri dispositivi fanno parte integrante della nostra vita, con una media di utilizzo di 5,3 dispositivi per persona. Questo scenario, tra l’altro in continua evoluzione, richiede un’attenzione particolare al modo in cui i consumatori fruiscono dei contenuti digitali e alle loro abitudini di spesa, al fine di indirizzare in modo più efficace le attività di marketing.

Un’analisi approfondita con gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

A questo proposito, BVA Doxa ha presentato le sue ricerche alla seconda edizione di IAB Showcase, un evento che ha riunito oltre 1000 partecipanti tra brand e centri media. L’analisi, condotta in collaborazione con gli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, ha offerto una fotografia dettagliata del mercato italiano dei contenuti digitali, includendo numeri, tendenze e valutazioni iniziali degli italiani riguardo ai contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale.

Le tendenze chiave dei consumi digitali

La ricerca ha evidenziato diverse tendenze significative, che segnano il nostro presente e sicuramente il nostro immediato futuro. Per quanto riguarda la fruizione die contenuti digitali nel tempo libero, i social vincono a mani basse.  Sono la fonte principale di contenuti, seguiti da informazioni e notizie. La scelta dei contenuti è influenzata principalmente da anteprime, eventi, cataloghi delle piattaforme e opinioni personali. Un altro dato da tenere d’occhio è la spesa dei consumatori per i contenuti digitali: dal 2018 è in costante crescita, con il 77% degli utenti che fruisce di almeno un contenuto a pagamento.
E la percezione della pubblicità? Quella all’interno dei contenuti è percepita dalla maggioranza dei consumatori come una distrazione. Tuttavia, i contenuti a pagamento sono associati a una qualità superiore. Alcuni utenti accettano la pubblicità a condizione che sia profilata sui loro interessi.

Qual è il sentiment in merito ai contenuti generati dall’AI?

Solo una minoranza degli italiani ha già usufruito di contenuti “sintetici”, ovvero prodotti con Intelligenza Artificiale. Questo dato, però, è in crescita soprattutto nella GenZ. Le opinioni sui contenuti dell’AI sono diversificate. In generale emergono preoccupazioni riguardanti la trasparenza, la veridicità delle notizie e l’etica.
In conclusione, il panorama dei contenuti digitali in Italia è in continua evoluzione, con una crescente attenzione verso la qualità, la personalizzazione e l’etica nella produzione e nella fruizione dei contenuti.

Caro affitti, stipendi e qualità della vita: l’Italia perde nella classifica europea

In Italia si vive davvero bene? In linea generale sì, ma ci sono degli aspetti che ci fanno scivolare in basso nella classifica rispetto agli altri paesi europei. In particolare, su questa graduatoria di “benessere” incide il costo degli affitti. Che nel nostro Paese sono altissimi, almeno in relazione al livello degli stipendi. I dati sono il frutto dell’Indice di Vivibilità di N26, la banca online, un’analisi finalizzata a individuare i Paesi europei con la migliore qualità della vita.
Lo studio si concentra sull’impatto dei costi, in particolare degli affitti, sulle modalità di spesa e risparmio dei cittadini dell’Ue, influenzando l’attrattività di un Paese.

Italia: fanalino di coda per costo degli affitti

Secondo i dati N26, l’Italia si trova all’ultimo posto in Europa per la spesa media mensile destinata all’affitto. Con oltre il 52% dello stipendio che viene risucchiato dal canone, l’Italia si trova in una posizione “scomoda”. In nessun altro Paese europeo la percentuale di incidenza dell’affitto sul salario è così elevata. Questo impatto è particolarmente rilevante anche perchè gli stipendi italiani, purtroppo, sono tra i più bassi in Europa.

Città italiane, dove si spende di più?

L’Italia è cara, dunque. Ma quali sono i capoluoghi dove si spende di più per vivere? Firenze è la città più costosa, con una media mensile di affitto che tocca i 1.806 euro, con picchi di 2.200 euro nel centro storico. Segue a ruota Milano con una media di 1.674 euro al mese, ma che si rivela la più cara per gli affitti in centro città: circa 2.838 euro mensili. Roma, terza in classifica, ha un costo medio per un bilocale di 1.200 euro, e si colloca sotto la media nazionale. 

Il confronto con gli altri paesi europei

L’Italia è dunque in fondo alla classifica, ma Spagna, Paesi Bassi e Regno Unito la seguono a breve distanza. In Spagna, la percentuale di stipendio destinata all’affitto è del 45%, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito è del 37%. Il Belgio si posiziona al primo posto di questa classifica: a Bruxelles solo il 18% dello stipendio se ne va in affitto, che comunque per un bilocale si attesta a 800 euro mensili.

C’entra anche il livello di “felicità”

L’Indice si basa su 12 paesi europei selezionati per appeal per la ricollocazione, numero di abitanti e stabilità economica. Le classifiche sono determinate considerando le spese medie per l’energia nel 2023, gli aumenti salariali medi dal 2022 al 2023, la densità di popolazione al 16 luglio 2023 e i livelli di felicità medi negli anni 2020-2022. I paesi più in alto nella classifica possono vantare spese energetiche più basse, aumenti salariali più elevati, densità di popolazione minore e livelli di felicità più alti. Nel caso si volesse cambiare residenza, è un’indicazione utile.

Social media, i profili attivi hanno raggiunto quota 5 miliardi

Dai primi segnali, il 2024 è iniziato con tutte le premesse per essere un anno eccezionale per il settore digitale, in particolare i social. A rivelarlo è un recente studio, il Global Digital Report, frutto della collaborazione tra We Are Social e Meltwater. Questo rapporto, che rappresenta la più grande raccolta di dati mai realizzata, offre un’analisi dettagliata di trend, insight e novità nel mondo digital.

Highlights del 2024

Il report delinea alcune tendenze rilevanti, ma la più importante è sicuramente quella riferita all’utilizzo dei social media. In particolare, si registra un forte aumento degli user,  una crescita del tempo trascorso online e un cambiamento nella piattaforma di social media “preferita” a livello globale. Questo trend ha portato anche a un calo dell’audience televisiva e a maggior investimenti pubblicitari sulle piattaforme digitali, in particolare TikTok. Questi sono solo alcuni dei punti salienti del report che fornisce dati aggiornati su ciò che le persone stanno facendo su internet, sui social, sui loro dispositivi e sulle piattaforme di shopping online.

Il 62% della popolazione è sui social 

Tra i dati più eclatanti emersi dall’analisi spicca il numero di utenti registrati sulle piattaforme social. Il report evidenzia il superamento della soglia dei 5 miliardi di profili attivi sui social media: una cifra che corrisponde a oltre il 62% della popolazione mondiale. Questo numero è aumentato di 266 milioni nell’ultimo anno, con una crescita annua del 5,6%. Nell’arco dei 12 mesi appena trascorsi, sono stati 8,4 al secondo i nuovi utenti sui social. Inoltre, a inizio 2024 il numero di utenti unici da mobile ammonta a 5,61 miliardi, pari al 69,4% della popolazione mondiale.

Aumenta il tempo trascorso online 

Contrariamente alle previsioni di un cambiamento di abitudini nell’uso della tecnologia, i dati attuali indicano un aumento del tempo trascorso online. L’utente medio di Internet resta connesso in media 6 ore e 40 minuti al giorno, con un incremento di 4 minuti rispetto all’anno precedente. “Tempi lunghi” anche quelli destinati all’utilizzo dei social: l’utente medio vi trascorre 2 ore e 23 minuti al giorno, anche se questa cifra è inferiore di 8 minuti a quella dell’anno precedente.

In conclusione, il 2024 si preannuncia come un anno in cui l’attività digitale e l’uso dei social media continueranno a crescere, influenzando il modo in cui le persone trascorrono il loro tempo.

Spesa sanitaria: verso il 9% del Pil nel 2050

La contrazione del tasso di fertilità e il progressivo aumento dell’età media sono alla base della nuova struttura demografica dell’Italia. Nel 2050, quando ci saranno 58,5 milioni di italiani, 2,4 milioni in meno rispetto a quelli attuali, un cittadino su tre sarà over-65. E su questa fascia di popolazione si concentrerà oltre il 70% della spesa sanitaria pubblica rispetto al 60% attuale.

Il nostro Sistema Sanitario Nazionale si trova quindi a rincorrere affannosamente l’aumento dei bisogni di salute e assistenza in un quadro di riduzione dei cittadini in età attiva, principali contribuenti della spesa sanitaria pubblica.
In pratica, dagli attuali 5.886 euro a carico di ciascun lavoratore la spesa sanitaria passerebbe a 11.151 euro nel 2050. Emerge dal 18° rapporto “Meridiano Sanità”, di The European House – Ambrosetti. 

“Una visione unitaria di demografia, economia e salute”

Per soddisfare i crescenti bisogni di salute e assistenza, la spesa sanitaria pubblica nel 2050 dovrebbe raggiungere 211,3 miliardi di euro, a prezzi correnti, rispetto agli attuali 134,7 (+56,9%).

Ma senza politiche attive per il mercato del lavoro il numero di occupati diminuirà del 17,2%, a 19 milioni.
“Per garantire la tenuta del sistema sanitario e, più in generale di welfare, servono una strategia e una visione unitaria di demografia, economia e salute”, commenta Valerio De Molli, Managing Partner e ceo The European House.
È perciò necessario avviare un dibattito sul finanziamento della sanità, che dovrebbe basarsi su una concreta integrazione tra pubblico e privato.

Emergenza personale medico e infermieristico

Per rispondere all’aumento della domanda di salute, e salvaguardare il SSN, seconda ‘impresa’ dopo la scuola per numero di addetti, si devono risolvere al più presto alcune questioni aperte, a partire dall’emergenza del personale sanitario.

Le carenze più significative riguardano ii Medici di Medicina Generale, nei quali il ricambio generazionale è in ritardo, e dagli infermieri, che hanno un limitato riconoscimento economico e professionale rispetto ai colleghi europei. Con 6,2 infermieri per 1.000 abitanti l’Italia ha la metà degli infermieri della Germania rispetto alla popolazione (12 per 1.000 abitanti), Paese in cui le retribuzioni sono superiori al 30% rispetto al nostro Paese.

PNRR e riforma dell’assistenza territoriale

Emerge poi la necessità di accelerare la Riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR (Missione 6 ‘Salute’).
Grazie anche al rafforzamento di sistemi informativi, telemedicina e dati, a cui il PNRR destina oltre 4 miliardi di euro, la collaborazione tra MMG, farmacisti e altri professionisti delle cure primarie, rappresenta la via maestra per offrire ai pazienti un’assistenza continuativa e di prossimità.
La rete dell’assistenza rappresenta solo una componente dell’ecosistema della salute, sistema che unisce e mette in comunicazione la componente industriale privata con quella prevalentemente pubblica della rete di assistenza e ricerca. Un ecosistema e un asset strategico su cui investire, anche per aumentare la competitività del Paese e rilanciarne la crescita.

Marketing influencer: un’audience come quella della tv

Sono milioni gli italiani che possono essere raggiunti dai messaggi dei creator in maniera diretta e immediata. Se il 76% della popolazione tra 16 e 65 anni segue almeno un influencer, in pratica, 28 milioni di persone, coloro che ne seguono più di due sono 21 milioni, mentre un quinto dei nostri connazionali segue mediamente addirittura 11 o più influencer pro capite.

In questo caso, si parla di 7 milioni di persone. Insomma, si tratta di una audience paragonabile a quella della tv.
È quanto emerge dall’Osservatorio InSIdE (aka influencer, stories, identities and evolutions) dedicato all’Influencer marketing, progetto di Pulse Advertising, l’agenzia internazionale di influencer marketing, social media management e paid advertising.

I canali social sono uno strumento di comunicazione vero e proprio

“In Italia questo bacino di utenti non è ancora considerato in modo adeguato dalle aziende che comunicano – afferma Paola Nannelli, Executive Director di Pulse Advertising e ideatrice dell’Osservatorio Inside -. Social media e influencer marketing devono diventare centrali nel media mix dei brand”.
Oggi i canali social sono uno strumento di comunicazione vero e proprio, e danno spazio a ogni tipo di messaggio.

La potenza dei messaggi non premia solo i content creator che hanno centinaia di migliaia di follower. La rete ‘social’ ha infatti accorciato le distanze e ha convinto tanti professionisti, prima semplici fruitori, a diventare content creator.

Tanti professionisti si sono trasformati in content creator

Di fatto, spesso tanti professionisti si sono ‘trasformati’ in veri e propri influencer del settore di riferimento, dall’esperto di elettrodomestici all’esperto di fisco, o attività bancarie, o ancora, immobiliare, solo per citare alcune esempi di content creator.

Di fatto, se gestiti in modo efficace i social network permettono anche a piccole realtà di intercettare direttamente un bacino molto ampio di utenti ‘profilati’, proprio quegli stessi utenti che a tutti gli effetti sono potenziali clienti.

TikTok, Instagram, Facebook: ogni generazione ha il suo social

Dal survey emerge poi una tendenza ancora valida. I social network seguiti cambiano a seconda dell’età degli utenti.
Se la Gen Z ama Youtube, Instagram e Tiktok, i Millenials passano più tempo su Instagram, Telegram e Facebook. Quest’ultimo, riporta Askanews, rimane in assoluto il medium preferito dalla Gen X e dai Millenials in particolare.

L’affezione a uno o più canali è influenzata anche dalla capacità di gestire funzioni e tool di terze parti per la creazione di contenuti e per l’interazione con altri utenti.
Tanto che i social più evoluti, come TikTok ad esempio, mettono in difficoltà chi non è nativo digitale, oppure digitalmente evoluto.

Educazione finanziaria: donne, uomini e il rapporto con il denaro

Uomini e donne sono accomunati da una gestione parsimoniosa e cauta del denaro, ma i primi mostrano più evidenti segnali di curiosità e apertura verso le novità in ambito economico finanziario, e maggiore interesse verso temi inerenti gestione del denaro, risparmio e investimenti. E a fronte della disponibilità di 10.000 euro meno della metà delle donne ne investirebbe almeno una parte, contro il 58% degli uomini. E una donna su quattro non saprebbe che cosa fare.
Emerge dalla ricerca dal titolo L’approccio degli italiani alla finanza: educazione e alfabetizzazione tra donne e uomini, condotta da Ipsos in collaborazione con UniCredit. Inoltre, se gli uomini tendono a farsi carico delle scelte finanziarie di tutto il nucleo familiare tra le donne prevalgono le decisioni condivise. Quanto al conto corrente, le donne prediligono l’hub fisico, guardando molto alla prossimità della filiale. 

Rischiosità, investimenti, solidità

Curiose ma caute, più orientate a una visione di insieme dei benefici che includa effetti positivi per l’intera famiglia, alle prese con un gap di conoscenza e pratica determinato anche da un diverso background culturale e dal contesto sociale. Così le donne italiane vivono il rapporto con i temi economico finanziari. E se la bassa rischiosità dell’investimento è comunque il primo driver di scelta trasversale, la solidità del proponente è il secondo per le donne. Per gli uomini, o i più giovani propensi a investire, al secondo posto ci sono le attività con un impatto positivo su ambiente e società.

Il ruolo cruciale della formazione

Tra le donne emerge forte il tema della delega, soprattutto tra le più mature, mentre quelle più giovani dichiarano anche una certa mancanza di interesse. Il 40% delle intervistate ritiene poi appagante la situazione economica personale, dato inferiore a quello degli uomini (55%). In generale, il campione concorda sulla crucialità della formazione in ambito economico finanziario, anche nelle scuole. Le donne, però, si dicono consapevoli di non avere tutti gli strumenti per valutare gli investimenti. Solo il 53% si sente all’altezza, contro il 65% degli uomini. In ogni caso, la banca resta il canale preferito da cui ricevere informazioni. 

Avvicinarsi ai temi economico finanziari con semplicità e chiarezza

Tra le parole con connotazione positiva, ‘risparmio’ è la più citata per entrambi i target, insieme a ‘investimento’. Tra gli uomini spiccano parole come ‘futuro’, ‘crescita’, ‘soldi’. Tra le donne, ‘acquisti’, ‘accumulo’, ‘soldi’ e ‘autonomia’. Per entrambi i target ‘preoccupazione’ è la parola più citata associata a ‘rischio’ e ‘difficoltà’, mentre tra le donne vengono più citate parole come ‘ansia’ e ‘sacrificio’, e tra gli uomini ‘crisi’ e ‘ansia’.
Sulla base delle evidenze della ricerca emerge l’opportunità di avvicinare la finanza al mondo delle donne e le donne ai temi economico finanziari. Più degli uomini, infatti, le donne avvertono il bisogno di maggiore semplicità e chiarezza nella spiegazione dei benefici derivanti da scelte finanziarie consapevoli.